martedì 4 settembre 2012

Via dei bellunesi

Ritorno sul tema di sabato scorso nei racconti in valle di San Lucano riportando l'articolo scritto da Gianni Santomaso per il Corriere delle Alpi del 20 marzo 2012

«Sullo Spiz di Lagunàz ho trovato il piacere, lo star bene e la libertà». Dopo aver compiuto la prima invernale in solitaria dei 1350 metri verticali della Via dei Bellunesi sul pilastro sud-ovest dello Spiz di Lagunaz sulle Pale di San Lucano, Marco Anghileri sembra non si renda nemmeno conto di aver fatto un’impresa da scrivere nella storia dell’alpinismo, o forse finge, o forse non gli interessa.
Quella via era stata percorsa la prima volta nel 1979 (11-13 luglio) da Franco Miotto, Riccardo Bee e Stefano Gava. Da allora solo Ivo Ferrari e Silvestro Stucchi l’avevano ripetuta nel luglio 2004, mentre in tanti, fra cui Massarotto, Verri e Galiazzo, avevano desistito o si erano fermati alla base di quel diedro “impossibile”.
Marco Anghileri, 39 anni, alpinista di punta del Gruppo Gamma di Lecco, che già nel 2000 mise un suo sigillo con la prima solitaria invernale della Solleder in Civetta, era curioso di capire cosa ci fosse in quel diedro e soprattutto in quel misterioso traverso (e la successiva prua verticale) di cui aveva sentito raccontare di tutto un pò, diventato ormai una sorta di leggenda. La curiosità se l’è pagata lo scorso marzo, dopo tre bivacchi in parete.
«Con tutto quello che avevo sentito dire su quella traversata», spiega Anghileri, «volevo proprio rendermi conto della particolarità di quel tratto. E allora venti giorni fa ci ho provato, ma dopo un paio di bivacchi sentivo che non ero il Marco che mi piace, quello che si diverte. Avevo in testa la famiglia, il lavoro, tante cose e sono sceso. Ma poi ci ho rimuginato sopra un bel po’ e martedì scorso sono tornato in quel posto fantastico che è la Valle di San Lucano alla quale io e la mia famiglia siamo da sempre legati e sono ripartito».
Accompagnato ai piedi della parete dall’amico Mauro Chenet, Anghileri ha iniziato quella che oggi è considerata una grande impresa. «Stavolta stavo bene, sono arrivato in quel punto e lì il pensiero che altri lo avessero già superato ti aiuta molto di testa. Ho sfruttato i famosi strategici chiodi di Miotto e sono passato. Credo che molti di coloro che si erano cimentati in questa via vi abbiano rinunciato non tanto per le difficoltà, ma perché non la reputavano bellissima. È un peccato perché, superato il punto critico, è stupenda, forse una delle più belle vie che abbia mai fatto».
In vetta Anghileri si guarda attorno e le emozioni si moltiplicano. «Di fronte a me vedo la Busazza, l’avevo salita il 16 marzo 2002. Esattamente dieci anni dopo sono qui ad ammirarla dalla cima dello Spiz e penso a Lorenzo Mazzoleni che l’aveva fatta con me e che ora non c’è più. Poi la discesa a corda doppia, giù per il gran diedro Casarotto-Radin, e penso a mio fratello Giorgio (morto in incidente stradale), che ne aveva fatto la prima invernale con Milani e Panzeri nel dicembre 1989».
E’ ormai buio quando rientra alla Locanda Col di Prà, dove viene festeggiato da un gruppo di amici alpinisti della valle, che hanno seguito la sua salita. «Ma a completare la mia gioia al ritorno a casa è giunta domenica l’inaspettata sorpresa della telefonata e dei complimenti di Franco Miotto, che è stata forse l’emozione più grande». «Lo avrei voluto abbracciare», dice Miotto, «sono felice perché Marco ha confermato con la sua classe il valore della nostra impresa del 1979».

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